Chi cerca trova

mercoledì 25 agosto 2010

pieces parte settima

come sempre spero piaccia e, ancora una volta, ma dovrebbe essere l'ultima dell'estate, mi interromperò per una settimana o forse qualcosa di più causa viaggi per il mondo... riprenderò non appena possibile e chissà che le nuove esperienze non aggiungano carne al fuoco...! ;)

Colonna sonora: Winterreise by Coldworld


Non so come facessi ad essere sicura che fosse proprio lui, ero riuscita a vedere solo il colore della camicia, niente modello né altro, però ero certa, era lui! Il “problema” era che non stavo più sognando, ero seduta sul muretto in riva al mare, la mia moto poco distante e i vestiti ancora umidi, in compenso il cielo si era tinto di rosa e il sole stava facendo capolino da dietro ad un promontorio. Mi toccai le tasche cercando di non dare nell’occhio, ma la mente era ancora appannata e il tentativo di sembrare anti sgamo fallì miseramente.
-Non preoccuparti, non ti ho rubato niente, non rubo alla gente che dorme. Volevo solo assicurarmi che stessi bene e che non cadessi dal muretto, ti stavi agitando nel sonno, annaspavi.
Aveva ragione, le chiavi c’erano ancora, e comunque dovevo a lui la mia salvezza, stavolta altrimenti avrei potuto soffocare nel fumo del locale, quindi replicai:- Grazie e scusami, ma non si sa mai…
Il sole era ormai sorto e io avrei fatto meglio a corre a casa e a mettermi a pregare in ginocchio che non mi torturassero troppo prima di uccidermi, sempre che non avessero già mobilitato i corpi speciali per niente, allora in quel caso nessuna preghiera sarebbe stata sufficiente. Camicia nera si sedette a gambe incrociate accanto a me, in silenzio, osservando me che a mia volta guardavo il cielo farsi sempre più azzurro. Stavo cercando una scusa plausibile per giustificare quanto era successo, non sapevo spiegarlo a me, figuriamoci fornire giustificazioni all’inquisizione spagnola.
Continuava a fissarmi e il silenzio iniziava a farsi pesante e la situazione leggermente troppo strana, almeno per me, quindi mi alzai, presi le chiavi dalla tasca e mi voltai per salutare e andarmene. Non credevo si fosse alzato in piedi, non avevo fatto caso ai movimenti, così andai a sbattergli contro.
-Scusa, non ti avevo visto alzare…
-Non fa niente.
-Devo andare. E.. grazie ancora per prima..- forse tu non sai di cosa sto parlando, ma grazie, aggiunsi poi mentalmente.
Mi voltai e montai in moto, avevo staccato gli occhi dalla sua figura per prendere il casco  e rimetterlo, quando lo sentii, o almeno mi parve di sentirlo dire:- Attenta ai sogni che fai, il buio può essere ingannevole..
Alzai lo sguardo per vedere se stava realmente parlando con me e rimasi di stucco. Non era più lì, e non lo vedevo nemmeno nei paraggi, non sulla spiaggia, non sugli scogli e nemmeno sul lungo mare, era come sparito, eppure ero sicura di aver udito la sua voce poco prima. Dovevo realmente essere più stanca di quello che credevo. Mentre mettevo in moto mi sembrò di scorgere qualcosa in acqua, quasi nelle stesso punto in cui ero io prima, dagli scogli, e posso giurare che quel qualcosa era maledettamente simile a camicia nera. Non fosse per il fatto che non era possibile che ci avesse messo così poco tempo e che non lo avessi visto prima. Dovevo assolutamente andare a farmi una dormita nel mio comodo letto e dimenticare la nottata, ma prima mi aspettava il tornado dell’inquisizione spagnola. Cazzo…

Il tragitto verso la villetta volò e in un attimo mi trovai a scendere i gradini verso la porta di casa. Sembrava tutto così tranquillo, forse troppo, o forse ero io che mi ero fatta troppe turbe mentali. Una rilassante melodia arrivava attutita dalle pesanti porte in legno; spinsi il battente e non mi sorpresi di trovare la porta aperta, le mie due coinquiline non avevano mai avuto la buona abitudine di utilizzare le serrature. Entrai cercando di fare il minor rumore possibile, ancora speravo di riuscire a ritardare le prediche a dopo un sonnellino. Arrivai indenne quasi fino alla camera ma commisi l’errore di aprire la porta del bagno. Il cigolio mi preannunciò nella stanza e allora ebbero inizio le urla. Non ricordo esattamente le loro parole ma si possono facilmente immaginare, quello che ricordo è come le trovai. Avevano riempito il bagno di candele alla vaniglia ed erano immerse fino al collo nella vasca piena d’acqua e di schiuma, evidentemente non rilassate come cercavano di apparire. Saltarono su come se l’acqua fosse improvvisamente diventata ghiaccio e urlarono. Gridarono fino a che non seppero più cosa dire e ebbero affaticato a sufficienza le corde vocali. Quindi pretesero una valida spiegazione… rimasi a fissare le mie migliori amiche avvolte negli asciugamani senza sapere cosa dire, vagliai ancora una volta tutte le opzioni e poi… e poi rimasi in silenzio. Mi lasciai scivolare contro la porta senza saper cosa dire, continuando a guardarle ma senza più vederle realmente; la stanza si stava lentamente trasformando sotto i miei occhi, stava assumendo le fattezze di un posto piuttosto familiare. L’oscurità che ti avvolge quando non hai nemmeno più le forze per sognare, un rilassante e monotono buio in cui precipitare, perdersi e affogare in completo abbandono.

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