Chi cerca trova

giovedì 11 marzo 2010

eh con un leggero ritardo arriva la seconda parte del racconto, spero di poter pubblicare a breve anche la terza ed ultima parte =)

http://www.youtube.com/watch?v=6Ncvy5uKqF0

L’appartamento era immerso nel caos come sempre: c’erano vestiti sparsi ovunque, pile di libri e cd ammucchiate sulle sedie e le scatole della pizza da asporto iniziavano a essere più alte del tavolino del salotto; doveva decidersi a dare una bella ripulita ma era affezionato a tutto quel caos, era la sua forma di ordine.

Si diresse verso lo stereo e mise su un cd raccolto dal pavimento, non aveva la più pallida idea di che canzone fosse quella che prese a diffondersi dalle casse ma non gli importava nemmeno, in quel momento voleva solo farsi una doccia e stramazzare sul letto perennemente sfatto.

Si diresse verso il bagno e girò la manopola dell’acqua calda, si spoglio e si fiondò sotto l’acqua; rivoli caldi scendevano dai capelli giù sulle spalle, sul petto e poi fino ai piedi; aveva sempre trovato conforto in una bella doccia bollente dopo una giornataccia, lo rilassava all’inverosimile.

Si prese tutto il tempo di insaponare i capelli due volte e di crogiolarsi sotto l’acqua calda senza motivo; un ora e mezza dopo si avvolse un asciugamano in vita e uno sui capelli e si avviò, sgocciolando per tutto l’appartamento, verso la camera da letto. La musica continuava a suonare ma ormai quasi non la sentiva più perso nei suoi pensieri, catapultato in un qualche mondo nato dalla sua fantasia dove la vita faceva meno schifo e gli avvocati non esistevano.

Un quarto d’ora dopo stava dormendo ancora avvolto negli asciugamani ed ancora stava viaggiando nel mondo felice da lui inventato.

Pochi istanti dopo, o per lo meno quelli che gli erano parsi pochi istanti, ma che in realtà erano state ore, la sveglia suonò strappandolo da quella stupenda realtà parallela e ingannevole; un altro giorno stava per iniziare.

Si alzò, fece colazione e si vestì, afferrato il portafoglio praticamente vuoto si diresse verso l’università.

Uscito in strada la prima cosa che notò fu come il cielo non si fosse minimamente schiarito e continuasse a preannunciare tempesta, bene, penso, sarà un’altra giornata tranquilla, si diresse quindi con il sorriso sulle labbra verso l’imponente palazzo che ospitava la facoltà di giurisprudenza.

Cinque ore dopo seduto al Corso, il bar più famoso della città, stava ripensando a quello che aveva letto scritto sul muro di un palazzo a volte la pietà è più utile della mera giustizia, non era ancora riuscito a stabilire con chiarezza cosa ne pensasse; da un lato era d’accordo ma dall’altro…

Mentre stava rimuginando alzò lo sguardo sull’orologio: le 14.30 avrebbe dovuto essere in ufficio di lì a dieci minuti; si avviò verso la cassa, pagò e si avviò verso la noia più totale.

Il cielo continuava a promettere di riversare la sua furia a terra da un momento all’altro e Mattia continuava a sperare che il temporale cominciasse prima che lui entrasse nello studio dell’Avvoltoio.

Appena oltrepassò le lucide porte a vetri dell’ufficio, Mattia, che nel frattempo aveva ricordato di legare i capelli, poté udire la voce ebbra di pianto di una donna supplicare l’Avvoltoio di aiutarla nonostante le ristrettezze economiche e la fredda e distaccata risposta di questi; come prevedibile la donna uscì poco dopo, sconvolta e in lacrime, l’Avvoltoio le richiuse seccamente la porta alle spalle.

Mattia era stufo di vedere ogni giorno scene come quella, ormai però aveva imparato a consolare i poveretti maltratti dal capo, si rivolse quindi con gentilezza alla donna e le offrì da bere al bar del piano di sotto, dopo averla fatta sfogare l’accompagnò all’uscita e tornò al suo lavoro.

Di sopra l’Avvoltoio stava già contrattando il prezzo dei suoi servizi con un’avvenente giovane donna, insensibile alla disperazione della cliente rifiutata di poco prima; Mattia prese a smistare la posta tornando alle sue riflessioni sulla frase del muro. Il resto del pomeriggio passò in fretta tra un filo di pensieri e l’altro; dopo l’ennesimo cliente rifiutato e disperato Mattia aveva deciso che avrebbe dovuto fare qualcosa per cambiare le cose, non ne poteva più di vedere la disperazione sui volti della gente.

Uscito dall’ufficio sciolse i capelli e prese a camminare in mezzo alla strada, sotto la pioggia che aveva iniziato a scosciare senza sosta, ad un certo punto del percorso verso casa aveva deciso di cambiare direzione e si era messo a correre sotto la pioggia per liberare la mente da ogni pensiero.

Le strade erano completamente deserte, tutte sue, era libero di correre dove voleva senza doversi preoccupare delle macchine, in un momento imprecisato aveva iniziato a grandinare e la sua corsa liberatoria aveva dovuto arrestarsi, era così tornato verso il suo appartamento. Era fradicio, gocciolava acqua ovunque, non aveva idea di che ora fosse, entrato nell’ingresso del palazzo si era accorto che degli appartamenti circostanti non proveniva nessun suono e che in portineria non c’era nessuno, segno che era indubbiamente molto più tardi di quello che aveva immaginato.

Dato che in giro non c’era nessuno prima di aprire la porta dell’appartamento ed entrare si spogliò rimanendo in boxer e mettendo in mostra, al nulla, il fisico snello ma muscoloso, incurante del fatto che chiunque sarebbe potuto uscire in qualunque momento da uno degli appartamenti circostanti.