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giovedì 27 agosto 2009

Avvocati no grazie (parte prima)

Avvocati? No grazie…

Era una fosca serata di fine settembre e le contrade di Via Roma erano tutte deserte nonostante fosse ancora pomeriggio e tutti i negozi fossero ancora aperti.

Le persone si erano prudentemente ritirate in casa in attesa che i nuvoloni violacei dessero sfogo al violento temporale che ormai si preannunciava inevitabile, anche le stazioni meteo locali più inaffidabili avevano rinunciato ad annunciare il bel tempo.

Qualche sporadico lampo già squarciava la nubi sempre più cupe, subito seguito dal fedele boato del tuono; l’illuminazione stradale era stata accesa in anticipo quel pomeriggio, non erano nemmeno le cinque quando i lampioni erano stati accesi.

La fioca luce arancione delle lampadine ancora mezze spente non aveva fatto altro che rendere ancora più cupa l’atmosfera delle stradine.

Non sembrava la fine di settembre, piuttosto l’inizio di novembre data la temperatura, appena le nubi avevano infatti offuscato la luce del sole, i gradi erano scesi drasticamente da venticinque a quindici nel giro di mezz’ora.

Mattia era uscito prima dallo studio di avvocati nel quale lavorava come tuttofare durante il periodo degli studi universitari, quel pomeriggio non c’era molto da fare in ufficio, nessun cliente bisognoso si era recato da quell’avvoltoio del suo capo, che quindi gli aveva concesso di uscire prima a patto che in caso di necessità fosse reperibile.

Non abitava lontano dallo studio e dato che c’erano i portici lungo quasi tutto il percorso non si stava affannando a tornare a casa prima che scoppiasse l’acquazzone, non gli importava niente di inzupparsi i vestiti.

Oltretutto adorava i temporali: il cielo plumbeo dei temporali, che quel pomeriggio era dello stesso colore dei lividi freschi, squarciato dalle saette luminose era stupendo e il rimbombare grave del tuono nelle ossa era qualcosa di indescrivibile, quasi come essere al concerto della propria rock band preferita e sentire il ritmo del basso nelle vene.

Mentre quei pensieri gli fluttuavano nella mente i primi goccioloni avevano iniziato a scendere lenti ma inesorabili bagnando a poco a poco il porfido della strada; dopo le prime sporadiche gocce aveva però iniziato a piovere forte e per quando Mattia aveva raggiunto la fine dei portici davanti a lui non si vedeva altro che un muro d’acqua, il porfido era talmente scivoloso da impedirgli di correre veloce verso la porta di casa.

Messa una mano in tasca e afferrato le chiavi, così da averle già a portata di mano si era incamminato sotto la pioggia torrenziale verso l’appartamento poco distante, giusto un centinaio di metri.

I lunghi capelli, sciolti appena uscito dall’ufficio, continuavano ad incollarsi al viso e alla t-shirt nonostante i suoi continui tentativi per impedirlo.

Odiava dover legare i capelli ogni volta che andava a lavorare ma l’Avvoltoio non gli permetteva di tenerli sciolti perché sosteneva che fossero poco professionali, che gli conferissero un’aria da poco di buono e che incutessero timore ai suoi clienti.

Tutte stronzate secondo Mattia primo perché incutere timore alla maggior parte dei clienti era impossibile, quelli erano per la pressoché tutti sociopatici avanzi di galera che se ne strafottevano di tutto e di tutti, e per l’aria da poco di buono era solo credenza popolare, solo perché non seguiva la moda non voleva dire che fosse un poco di buono, ma quello stronzo proprio non capiva.

Mentre mandava mentalmente a quel paese il suo capo era arrivato davanti all’entrata del palazzo, quasi lo stava per superare senza neanche accorgersene.

Entrato nel lungo corridoio che conduceva alle scale per i paini superiori, Mattia aumentò il passo voglioso di rientrare in casa e cambiarsi mettendo su un po’ di musica.