Chi cerca trova

domenica 1 maggio 2011

pieces parte dodicesima

Solo nei sogni e nei film possono esistere scenari del genere.  Il castello era situato in cima ad una scogliera vertiginosa, a pochi passi dalle mura ci si trovava al limite della parete di roccia a picco sul mare. Un passo di troppo mosso nella notte e saremmo precipitati direttamente sugli scogli, inghiottiti dalla furia delle onde. Nonostante l’assenza di luci artificiali le stelle erano invisibili, coperte da una spessa coltre di nubi cariche di pioggia, solo la luna risplendeva fendendo l’oscurità, miracolosamente risparmiata da quei pesanti nuvoloni. Il vento soffiava forte e rendeva gelida l’aria, cavalloni giganteschi e micidiali si infrangevano sugli scogli, la spuma candida brillava invitante e pericolosa nella notte. Un paesaggio affascinante quanto inquietante si apriva davanti ai nostri occhi; i tipici rumori della notte erano completamente coperti dal sibilo del vento e dallo sciabordio furioso delle onde.
Nel bel mezzo di questo spettacolo della natura ci trovavamo Alec, lo scrigno ed io; sebbene non indossassimo abiti adatti alla temperatura invernale non provavamo freddo, anzi mi pareva che il sangue bollisse nelle mie vene tanta era l’adrenalina che in quel momento era in circolo nel mio corpo. Appena giunti all’esterno il mio compagno mi aveva consegnato la preziosa scatoletta, come l’avevo toccata il mio cuore aveva iniziato a battere a mille: la paura di rompere quel delicatissimo oggetto, di cedere alla violenza del vento e farmelo strappare di mano dall’aria si mischiavano alla curiosità per ciò che vi avrei trovato all’interno.  Le mie mani tremavano dalla smania di aprire il cofanetto, allo stesso tempo ero però frenata dal timore per ciò che poteva contenere. Solo dopo alcuni lunghi istanti mi accorsi che non avevo ancora la chiave per aprirlo.  Mi voltai di scatto verso Alec che stava in silenzio alle mie spalle osservando ogni mio più piccolo movimento e ogni mia reazione:- Come posso aprirlo senza chiave?
Mi guardò per un attimo, come inebetito, poi sembrò collegare le mie parole al loro significato e si frugò nelle tasche alla ricerca di qualcosa, dopo averle rivoltate ed averne estratto le mani vuote disse:-Ce l’hai al collo.
Stavo per replicare che si sbagliava e che non indossavo nessuna collana quando sentii un leggero peso sul petto, nell’incavo tra i seni, abbassai lo sguardo e vidi qualcosa luccicare a contatto con la pelle. Subito dopo due mani si poggiarono leggere sul retro del mio collo e armeggiarono con il gancetto della catenina che mi era comparsa indosso.  Una volta sganciata me la poggiò delicatamente in mano, allora potei osservare il piccolo ciondolo di rame a forma di chiave.
-Aprilo.
Mi rigirai ancora per un attimo quel gingillo tra le mani prima di decidermi ad usarlo per far scattare la serratura; si infilò alla perfezione nella piccola fessura e non feci nessuna fatica a far girare il meccanismo e a sbloccare il coperchio dello scrigno. Non mi rimanevano più scuse per tergiversare e rimandare quel momento: era giunta l’ora di spalancare il cofanetto e rivelarne il contenuto.
Afferrai il coperchio e chiusi gli occhi, quindi lo sollevai pian piano, poi li riaprii e ciò che vidi mi lasciò a bocca aperta.